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Come vede il mondo un neonato? Un’applicazione di realtà virtuale, basata sulle ricerche più recenti, consente di sperimentare come si sviluppa la visione nei bambini piccoli.

Macchie sfuocate, chiazze di luce, una confusione prevalentemente in bianco e nero, in cui spicca però il rosso. Questo è ciò che vede un neonato quando apre per la prima volta gli occhi sul mondo. Non è particolarmente emozionante, ma nel giro di poche settimane inizia a distinguere i primi colori, prima il rosso e il verde, poi il blu e il giallo, a riconoscere le forme e a percepire la profondità. A sei mesi, vede il mondo come un adulto anche se, privo ancora delle categorie del linguaggio, non può interpretarlo nello stesso modo. Un’ applicazione di realtà virtuale sviluppata dal Guardian sulla base delle ricerche più recenti sui meccanismi della visione e della percezione, consente di sperimentare le “prime impressioni” del mondo con gli occhi di un neonato.

A capire come si sviluppa la percezione e la cognizione nellinfanzia si dedicano oggi molti laboratori. A differenza di quanto si pensava fino a non molti anni fa, e cioè che un bambino appena nato vedesse solo in bianco e nero, gli esperimenti più recenti hanno mostrato che ha la percezione, seppure limitata, di alcuni colori. L’acuità visiva nei primi giorni di vita è però solo del 5 per cento di un adulto, vale a dire che tutto gli appare molto sfuocato e che solo a 30 centimetri di distanza può riconoscere una faccia.

I CONCETTI DEI COLORI. La domanda, per i ricercatori, è “che cosa capisce un bambino che ancora non parla di quello che vede? Più in generale: come si sviluppano le categorie concettuali, per esempio quelle dei vari colori, legate alla visione? Sono innate o sono frutto dell’apprendimento?” Le ricerche più recenti mostrano in modo sempre più convincente che la mente dei neonati non è una tabula rasa, ma che i bambini vengono al mondo già equipaggiati con alcuni “concetti”. Uno studio appena pubblicato su “Pnas” dimostra che ciò vale anche per i colori, la cui categorizzazione sarebbe di origine biologica, e non dovuta alle parole con cui si impara a denominarli quando si apprende il linguaggio.  La percezione dei colori è dovuta alle cellule della retina chiamate coni, sensibili alla luce di diverse lunghezze d’onda. Il cervello interpreta la combinazione di segnali provenienti da queste cellule in modo da farci vedere l’intero spettro. Secondo la nuova ricerca, condotta su 170 bambini tra due e quattro mesi nel Baby Lab dell’università del Sussex (UK), alla nascita un neonato già “conosce” le categorie dei colori e li divide in cinque grandi gruppi – rosso, blu, verde, giallo e viola – le stesse che si ritrovano in tutte le lingue del mondo. I colori sarebbero quindi universali, non dovuti all’apprendimento del linguaggio, un’idea che nasceva dalla constatazione che in lingue diverse i colori sono spesso categorizzati in maniera differente, e che alcune lingue non hanno parole per distinguere, per esempio, il verde dal blu. Su queste categorie innate la cultura agirebbe nel tempo, portando a privilegiare il riconoscimento di certe sfumature piuttosto che di altre.

 

Rubrica in collaborazione con:

Studi Medici Pubblica Assistenza Tavarnuzze

Erboristeria Il Gingko della Dott.ssa Rossana Parigi