TAVARNUZZE IN…FORMA – Focus Salute

Esiste davvero la social dipendenza come Facebook, Instagram o altri? Quando si capisce che il tempo passato online è troppo e quindi si può parlare addirittura di soggetto social dipendente?

Alcune persone si definiscono così, in modo semiserio. Esiste una diagnosi per questa condizione e come capire se abbiamo raggiunto quella linea di confine. La questione è tutto fuorché chiara, spiega la BBC. Prima che un comportamento possa dirsi patologico servono molti anni di ricerca e precisi criteri di definizione, ma gli studi sulla dipendenza da social sono giovani quanto il tema che studiano, e né l’Organizzazione Mondiale della Sanità né l’American Psychiatric Association (due istituzioni che definiscono le dipendenze) prevedono ancora l’esistenza di questo disturbo.  Per Mark Griffiths, psicologo della Nottingham Trent University, i social media possono dare dipendenza e chi ci cade manifesta gli stessi sintomi comportamentali associati ad alcune dipendenze come quella da alcol o da nicotina: cambi d’umore, isolamento sociale, conflitto e ricadute. La caratteristica principale di una dipendenza resta comunque l’avere un impatto distruttivo sulla vita di una persona. Stabilire un limite di ore online trascorse le quali “siamo patologici“, è per Griffiths un po’ fuorviante: a parità di tempo speso sui social, quell’attività può risultare più o meno totalizzante e dannosa per la vita offline. La maggior parte degli utenti attivi sul web trascorre infatti sui social media più di due ore al giorno, eppure gran parte della popolazione non ha un problema di dipendenza da social. Non è dunque solo il fattore tempo a determinare se queste piattaforme stanno provocando malessere psicologico. Ma che cos’è, allora? Nella prima revisione scientifica sulle ricadute psicologiche dei social media del 2011 Griffiths ha trovato che gli estroversi usano i social network per il proprio miglioramento sociale mentre gli introversi come forma di compensazione. Sarebbe dunque il contesto in cui sono utilizzati e non tanto il tempo che vi passiamo a determinarne la pericolosità. Da un indagine norvegese (23.000 utenti studiati) svolta nel 2017, l’identikit dell’utente più a rischio è quello della donna, single e giovane, con bassi livelli di istruzione e di reddito.  L’origine di questa necessità compulsiva di postare e leggere le bacheche altrui non è  però così chiara. Potrebbe derivare dalla paura di rimanere tagliati fuori o essere legata alla dipendenza da smartphone. I dati sono ancora troppo pochi e sbilanciati su Facebook, nonostante che recenti ricerche indichino in Instagram il social più pericoloso per la salute mentale, soprattutto degli adolescenti. In attesa che gli esperti si pronuncino sull’esistenza o meno della dipendenza da social, la scienza si divide sulle conseguenze del tempo trascorso in queste comunità virtuali. Alcune ricerche hanno stabilito che i giovani che trascorrono sui social più di due ore al giorno sono più a rischio di disturbi mentali. Se avete Instagram, come altre 800 milioni di persone nel mondo, saprete anche che il ritratto di realtà che propone non riflette quello che avviene nel mondo reale e che molti utenti finiscono per credere di avere una vita peggiore di quella degli altri. Altri studi hanno stabilito che esiste un legame preciso e diretto tra social media e depressione. Ma non tutte le ricerche dipingono un ritratto negativo dei social. Uno studio del 2017 sostiene che, fino a un certo punto, questi favoriscano il benessere psicologico perché ci fanno sentire connessi e non tagliati fuori. Per adesso, in attesa di ulteriori studi scientifici,  non resta quindi che consigliare un uso moderato di questi strumenti (specialmente per gli adolescenti) che da un lato nascono con caratteristiche di utilità, ma spesso e volentieri vengono trasformati da noi stessi come vere e proprie esperienze dannose per la nostra vita e salute. E poi pensandoci bene siamo così sicuri di voler perdere il contatto fisico e reale tra le persone?

Focus bibl. – Rubrica in collaborazione con

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